Oidio della vite

SchedaSintomiScheda Agente

Erysiphe necator Schw. (sinonimo Uncinula necator Schw. Burr.)

(anamorfo) Oidium tuckeri (Berck.)

In Toscana si verificano frequentemente epidemie di oidio piuttosto gravi, che, se sottovalutate, risultano di difficile contenimento.

Sintomatologia e danni

L’oidio può infettare tutti gli organi verdi della vite causando i danni maggiori sulle infiorescenze, sui grappoli e sui singoli acini. Le alterazioni a carico di tali organi possono essere dirette e indirette. I primi sintomi visibili sulle foglie consistono in piccole macchie giallastre traslucide che, col tempo, possono interessare totalmente o in parte la superficie fogliare, impedendone lo sviluppo e causando increspature e tacche necrotiche brunastre; in corrispondenza dei sintomi la foglia viene ricoperta dal caratteristico micelio fungino di colore bianco-grigiastro. È da considerare che spesso le foglie colonizzate cadono precocemente mentre i piccioli tendono a spezzarsi. I germogli possono essere interessati fino dai primi momenti del loro sviluppo in seguito alla crescita del micelio latente svernante nelle gemme; il micelio può ricoprire totalmente il germoglio che assume una colorazione biancastra con il lembo fogliare ripiegato verso l’alto e viene detto “bandiera”. Infezioni del tralcio danno luogo a micelio a sviluppo limitato che con il passare del tempo e la lignificazione dei tralci diventa brunastro e bruno-rossatro con reticolature nerastre. I tralci infettati dal patogeno, tendono a crescere in modo irregolare oltre a lignificare male, di conseguenza sono, generalmente, più suscettibili al freddo invernale.

Le gemme in via di formazione possono essere colonizzate dal micelio, nelle quali svernerà in forma latente. Le infiorescenze, così come gli acini appena allegati, sono molto suscettibili alle infezioni oidiche e vengono rapidamente ricoperti dal micelio del fungo. I grappoli sono suscettibili sino all’invaiatura. Recenti studi epidemiologici hanno messo in evidenza come i grappoli siano maggiormente suscettibili al fungo nella fase della fioritura, mentre a partire dal raggiungimento delle dimensioni di 4-6 mm tale suscettibilità tende a ridursi col proseguire della stagione vegetativa. Gli acini colonizzati precocemente rimangono di piccole dimensioni e vengono ricoperti dalla caratteristica efflorescenza bianco-grigiastra che emana un forte odore di muffa. Il blocco dell’accrescimento dell’epidermide e il contemporaneo sviluppo della polpa causano spaccature longitudinali che spesso mettono in evidenza i vinaccioli, favorendo indirettamente gli attacchi di muffa grigia e di altri funghi e batteri saprofiti. Gli acini successivamente possono raggrinzire, disseccare e cadere. Gli esiti di infezioni tardive dell’acino si evidenziano con reticolature brunastre della buccia.

Tecniche diagnostiche

La diagnosi si estrinseca sostanzialmente attraverso l’osservazione dei sintomi in campo ed eventuali osservazioni al microscopio ottico.

Tecniche di campionamento

È buona prassi controllare gli organi vegetali suscettibili nei momenti più a rischio per evidenziare l’insorgenza di attacchi della malattia. Tali campionamenti vengono effettuati inizialmente sui germogli per la ricerca delle “bandiere”, successivamente su foglie, per il rilievo delle infezioni ascosporiche e quelle conidiche, e sui grappoli fino all’invaiatura. In inverno è possibile monitorare i tralci per il rilievo di eventuali sintomi riconducibili alla malattia. Di solito i campionamenti volti a verificare la frequenza e la percentuale di attacco sono eseguiti nelle sperimentazioni fitoiatriche. In questo caso si possono monitorare dalle 200–400 foglie e dai 50-100 grappoli per parcella a seconda della dimensione della parcella stessa al fine di valutare la frequenza della malattia (percentuale di organi infetti) e la sua intensità di attacco (percentuale di tessuto infetto).

Strategie di difesa

In base alle intensità delle infezioni verificatesi nelle annate precedenti si possono adottare due diverse strategie di difesa a seconda che sia presente nel vigneto un elevato o un ridotto potenziale di inoculo. Nel primo caso sarà determinante iniziare i trattamenti quando i germogli sono lunghi 3-5 cm, utilizzando prodotti di contatto (zolfo bagnabile o in polvere, Meptyldinocap preferibilmente in miscela con zolfo). In questo caso non è possibile abbinare la difesa antioidica a quella antiperonosporica. Successivamente si interverrà con gli stessi prodotti anche nella fase di formazione dei grappolini per poi passare, dall’inizio della fioritura fino a prechiusura del grappolo, a interventi con prodotti sistemici. Generalmente in questa fase la difesa antioidica viene abbinata a quella antiperonosporica, è quindi importante usare prodotti con uguale periodo di copertura. Per limitare il rischio di selezione di ceppi resistenti agli IBS si consiglia di limitare a 3 i trattamenti con i formulati di questa famiglia chimica. Gli interventi successivi, fino all’invaiatura, potranno essere eseguiti con zolfi in polvere o bagnabili trattando nelle ore più fresche della giornata. Sempre per limitare il rischio di selezione di ceppi del micete resistenti agli IBS si consiglia di alternare principi attivi a differente meccanismo di azione. In presenza di un ridotto potenziale d’inoculo le fasi più suscettibili alle prime infezioni iodiche risultano la fioritura, l’allegagione e la prechiusura del grappolo, nelle quali si consiglia di effettuare un intervento con prodotti sistemici. Un trattamento cautelativo può essere eseguito in prefioritura. In seguito si interverrà con prodotti di contatto tenendo conto delle fasi fenologiche della vite, dell’andamento climatico e dell’evolversi delle infezioni. Considerando le caratteristiche “curative” che presentano alcuni formulati (ad esempio, Meptyldinocap, Spiroxamina e, in parte, alcuni prodotti a base di zolfo), è possibile bloccare alcune eventuali infezioni sfuggite agli interventi preventivi. Tuttavia non è da considerare un valido sistema di protezione del vigneto da questa malattia a causa dell’elevato rischio di sviluppo di ceppi resistenti del patogeno. È da considerare, infine, che l’applicazione in autunno di Ampelomyces quisqualis (in modo particolare in agricoltura biologica), permette di ridurre il potenziale di inoculo dell’oidio in seguito alla parassitizzazione delle forme svernanti.

Last Update 18-01-2011
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