Fra le malattie del legno della Vite il mal dell’esca è attualmente la più diffusa e grave in molte zone viticole del mondo e in particolare in Europa. Gli studi svolti negli ultimi 15 anni hanno portato a individuare e analizzare una serie di malattie strettamente correlate fra loro e al mal dell’esca poiché connesse alla presenza degli stessi agenti fungini in stadi diversi della vita della pianta.
• Malattia delle venature brune - I funghi che sono considerati ormai i principali agenti del mal dell’esca, Phaeomoniella chlamydospora e Phaeoacremonium aleophilum, possono dar luogo a infezioni già nelle barbatelle, in seguito: a) alla diffusione di spore nei vasi a partire dalle zone infette nelle piante madri (le spore di questi funghi vascolari si muovono infatti facilmente nei vasi); b) a infezioni che si verificano in vivaio in seguito alla presenza di spore di questi funghi sul materiale di propagazione e nell’ambiente. In seguito a queste infezioni le barbatelle possono presentare nel legno, al momento dell’impianto, i tipici sintomi causati da questi patogeni fungini (imbrunimenti e striature nere con produzione di gomme, come vedremo più avanti), ovvero infezioni in forma latente (senza sintomi nel legno o a carico delle foglie).
• Malattia di Petri - Si tratta di un fenomeno di deperimento (all’estero noto anche come ‘black goo’), con sintomi aspecifici, che può colpire piante o vigneti giovani (da subito dopo l’impianto fino ai 6-8 anni). In questi casi le infezioni a livello del portainnesto o della cultivar comportano, soprattutto se in associazione con altri fattori di stress (forzatura della produzione, stress termici o idrici), ridotto vigore vegetativo, minore crescita, cattiva saldatura dell’innesto, clorosi diffusa, ritardata e scarsa produzione ecc. Il fenomeno è segnalato più frequentemente all’estero (ad esempio, relativamente all’Europa, in Germania, Portogallo ecc.), mentre è stato individuato con precisione solo pochissime volte in Italia e ancor meno in Toscana.
Sintomatologia e danni
A parte occasionali ritardi nel germogliamento delle viti colpite, il mal dell’esca si manifesta, generalmente tra giugno e settembre, con sintomi su tutta la chioma o anche su singole branche. Le infezioni fungine a livello del tronco e delle branche sono infatti collegate alla comparsa sulla chioma di sintomi caratteristici.
Sulle foglie, fra le nervature principali e/o lungo il margine fogliare, compaiono aree di colore verde pallido o clorotiche, dapprima piccole e isolate, poi più grandi e confluenti fino a formare vaste chiazze giallastre. Le nervature principali e i tessuti perinervali rimangono verdi. I tessuti clorotici assumono in seguito una colorazione giallo-bruna o, in certi vitigni a uva rossa, rosso-bruna e finiscono per disseccare. Le foglie inizialmente rimangono attaccate sulle piante, ma in genere cadono prematuramente insieme al picciolo. I sintomi fogliari dell’esca possono essere confusi con clorosi e necrosi internervali dovute ad alcune carenze (in particolare di fosforo, potassio, magnesio e in certi casi anche di boro). I tralci delle viti ammalate possono presentare un ritardo della lignificazione, perdita di turgore e, raramente, un lento disseccamento. Parte delle gemme possono germogliare in ritardo. Le bacche, in particolare quelle di vitigni bianchi e di uva da tavola (Regina, Italia), possono presentare, all’invaiatura o poco prima, numerose macchie puntiformi, brune o bruno-violacee, isolate o confluenti, irregolarmente sparse sulla superficie della bacca oppure aggregate, intorno all’attaccatura del peduncolo o alla base dell’acino o anche in fasce che corrono lungo l’asse maggiore della bacca. La maculatura interessa solo la buccia del frutto e, come nel caso dei sintomi fogliari, non è associata alla presenza di patogeni fungini a livello del tessuto ma, probabilmente, all’accumulo di sostanze tossiche prodotte dai patogeni nel tessuto legnoso sottostante. Nell’uva da vino il fenomeno è molto più raro e comunque meno evidente.
Sintomi nel legno
• Tracheomicosi o malattia vascolare - Il mal dell’esca viene oggi considerato una malattia vascolare (nota anche come esca giovane per sottolineare come questa forma sia presente anche – ma non solo – nelle piante molto giovani, di 2-3 anni, in presenza soltanto dei patogeni vascolari del legno e in completa assenza di carie) poiché è a livello dei vasi xilematici che si insediano gli agenti fungini. Sezioni trasversali del tronco o delle branche colpite presentano punteggiature nere isolate o in gruppi corrispondenti a vasi completamente infiltrati da sostanze nere vischiose che, dopo 10 minuti dal taglio, possono formare evidenti gocce di essudato di aspetto ‘catramoso’. Insieme a questi vasi anneriti, che in sezione longitudinale appaiono come ‘striature nere’, si trovano vari tipi di imbrunimenti del legno, causati dagli stessi agenti del mal dell’esca (molto caratteristico e di valore diagnostico è il cosiddetto legno ‘bruno rosso’ che si sviluppa lungo il midollo) o da altri funghi colonizzatori del legno che possono occasionalmente entrare dalle stesse vie di penetrazione (prevalentemente le ferite di potatura). Si possono perciò trovare, via via che aumenta l’età della pianta e quindi le occasioni di infezione, zone o settori del tronco di varie tonalità di colore bruno chiaro o scuro.
• Carie - Con il tempo e, in virtù delle numerose vie di infezione che vengono aperte durante l’allevamento della vite (ferite di potatura, ferite conseguenti a varie pratiche colturali), viene favorita anche l’infezione da parte di funghi agenti di carie. In questo caso, in Italia come nel resto dei paesi europei, si tratta nella quasi totalità dei casi del fungo Fomitiporia mediterranea. Con la formazione di carie il tessuto legnoso viene lentamente degradato fino ad assumere una consistenza spugnosa, friabile e un colore bianco giallastro. Di solito la zona cariata, che è spesso delimitata da una linea scura o nera, si sviluppa a partire da una ferita, in particolare da quelle dovute ai grossi tagli di potatura, e da qui si estende o lungo un settore del tronco o verso la zona centrale, sviluppandosi in questo caso intorno al midollo. In sezione trasversale, quindi, il tronco può presentare carie centrali o settoriali. Quando poi la carie si estende fino alla corteccia si può avere la formazione di spaccature longitudinali (mal dello spacco). Raramente si sviluppa la carie oltre il punto di innesto, anche se la vite americana si è dimostrata ugualmente suscettibile alla malattia. La carie non darebbe luogo a sintomi specifici a carico delle foglie; invece, insieme alla tracheomicosi, potrebbe favorire la comparsa dei colpi apoplettici.
Strategie di lotta
Non ci sono trattamenti chimici, dopo la definitiva uscita di scena – anche in Francia – dell’arsenito di sodio, che abbiano dimostrato un provato effetto positivo nel limitare i sintomi di mal dell’esca. La lotta quindi deve necessariamente essere costruita su una serie di iniziative e precauzioni da portare avanti con regolarità.
La consapevolezza che il materiale di propagazione può portare già la presenza di infezioni latenti richiede particolari precauzioni:
a) Porre particolare cura nell’accertamento della qualità globale delle barbatelle. Questa, infatti, è sinonimo dell’adozione di buone pratiche di igiene nel vivaio d’origine; pratiche che, in generale, favoriscono una minore diffusione dell’inoculo, e quindi delle infezioni, in vivaio.
b) Preferire materiale di propagazione che abbia subito trattamenti con acqua calda a
c) Verificare la presenza di segni dell’infezione da parte di agenti del mal dell’esca. Il sintomo più indicativo è la presenza di vasi della cerchia subito intorno al midollo pieni di gomme nere di aspetto catramoso (in genere causata da infezioni di P. chlamydospora). I semplici imbrunimenti, anche se intensi, possono essere determinati dal fungo, ma anche da altre cause e richiedono un accertamento diagnostico preciso.
Nei nuovi impianti i primi sintomi di mal dell’esca possono comparire già nel secondo-terzo anno dall’impianto. La prima operazione da effettuare consiste nel contrassegnare le piante con sintomi certi di esca (basta apporre un nastro colorato che resista nel tempo, se si decide di lasciare la pianta in piedi). Per gli interventi di lotta si possono seguire diversi approcci, dipendenti anche dall’età della pianta che si è ammalata:
a) eliminare dall’inizio dell’impianto tutte le piante sintomatiche e sostituirle con nuove barbatelle. In questo modo si tiene basso l’inoculo in campo e lo sviluppo della malattia è sotto un qualche controllo;
b) potare separatamente le piante segnate, dopo le piante presumibilmente sane, in vista del fatto che in genere hanno ancora una vita produttiva di qualche anno dopo la prima manifestazione dei sintomi, e scartando il raccolto nell’anno in cui la pianta mostri i sintomi nuovamente;
c) in autunno o in inverno tagliare le viti che hanno mostrato forti sintomi di esca alcuni centimetri sotto il legno cariato o alterato, proteggere la superficie di taglio con un prodotto cicatrizzante; nella primavera seguente allevare dal basso un tralcio che sostituisce la chioma in 2-3 anni;
d) non lasciare ai margini del vigneto i tronchi derivati dai tagli di riallevamento o le piante morte dato che possono ospitare corpi fruttiferi o organi di riproduzione degli agenti fungini. Trattamenti chimici di recupero (iniezioni al tronco con triazoli, trattamenti con prodotti biologici) danno sporadiche indicazioni positive, ma molto discontinue e non possono perciò essere attualmente raccomandati.
Isolamenti micologici su substrati nutritivi generici (ad es. MA) ed osservazione delle caratteristiche morfologiche delle colonie fungine emerse. Osservazioni al microscopio ottico dei caratteri morfologici del fungo ai fini identificativi.
Estrazione del DNA genomico da tessuti legnosi sintomatici e amplificazione di tale DNA con PCR con primer specie-specifici.