In Toscana la mosca delle olive rappresenta il fitofago chiave di questa coltura. La diffusione e la dannosità potenziale di questo insetto non è omogenea su tutto il territorio regionale. Vanno soggetti a puntuali e consistenti attacchi del dittero solo gli oliveti dell’area litoranea mentre nelle aree olivicole interne l’insetto presenta un numero di generazioni inferiore ed una dannosità ridotta che solo in annate particolari può determinare danni economici consistenti. Pertanto le caratteristiche di diffusione delle popolazioni risultano determinanti per la scelta della strategia di difesa adottabile.
Possono essere distinti tre principali tipi di danno: distruzione diretta della polpa dovuta all’attività trofica delle larve, cascola delle drupe infestate, alterazione qualitativa delle olive e conseguentemente dell’olio. Il primo tipo di danno è di entità relativamente modesta; in effetti la perdita di polpa è dell’ordine del 3-5% sul peso fresco con punte che solo in varietà a frutto molto piccolo possono raggiungere il 20%.
La cascola delle olive costituisce indubbiamente il danno più importante fra quelli causati dalla mosca, in quanto può interessare una parte consistente della produzione che rimane inutilizzabile per l’ottenimento di oli di qualità. A parità di numero di olive cascolate risulta assai più dannosa la cascola che si verifica in settembre-ottobre di quella di luglio-agosto, potendo quest’ultima trovare una compensazione ponderale nel prodotto rimasto sulla chioma. L’infestazione dacica causa indirettamente una serie di alterazioni biochimiche nell’oliva con conseguenze più o meno gravi sulla qualità dell’olio. L’effetto più noto è sicuramente l’aumento del grado di acidità derivante dall’idrolisi enzimatica degli acidi grassi, l’infestazione dacica influisce anche sul numero di perossidi, sulle costanti spettrofotometriche, sulla composizione acidica dei gliceridi, sulla frazione insaponificabile e sulle sostanze volatili.
Per il monitoraggio degli adulti si utilizzano trappole innescate con attrattivi diversi; feromonici, per la cattura dei maschi, alimentari o cromotropiche gialle, per la cattura di femmine e maschi. Il numero di trappole da installare per ciascuna area campione varia da uno a tre in funzione della sua omogeneità e del tipo di trappola. Per rilevare l’andamento dell’infestazione ai fini di un’applicazione tempestiva di eventuali misure di difesa, è necessario effettuare campionamenti con frequenza settimanale a partire dal momento in cui le condizioni divengono favorevoli all’ovideposizione. Un metodo tradizionalmente accettato per valutare l’infestazione è quello che consiste nel campionare il 10% delle piante dell’oliveto prelevando da ciascuna 10 drupe. L’esame del campione richiede la dissezione delle olive e l’accertamento della presenza degli stadi preimmaginali.
Difesa chimica preventiva (adulticida): si basa su ripetute distribuzioni localizzate di esche proteiche avvelenate a partire dal momento in cui diventa reale il rischio di infestazione utilizzando miscele che, per irroratrici a volume normale, contengono lo 0,5-1% di proteine idrolizzate e lo 0,06-0,12% di insetticida (dimetoato, deltametrina, lambda-cialotrina) o con Splintor fly, un'esca già pronta in cui l'attività insetticida è dovuta a Spinosad.
La miscela può essere distribuita, in misura di 0,3-1,2 litri per pianta, su un settore della chioma di tutte le piante dell’oliveto, oppure, in misura superiore, su tutta la chioma di un numero ridotto di piante. Questo tipo di difesa raggiunge la sua massima efficacia nelle zone con clima secco e con piovosità ridotta, per cui nella nostra regione è applicabile esclusivamente nelle aree costiere.
Difesa chimica curativa (larvicida): consiste nella applicazione di miscele insetticide sull’intera chioma di tutte le piante dell’oliveto quando sia raggiunta la soglia di intervento prestabilita. La soglia di intervento è variabile in funzione della fase fenologica dell’olivo, della intensità dell’attacco del fitofago e di considerazioni economiche sulla produzione prevista; oscilla tra il 7 ed il 14% di olive con presenza di uova e larve di prima e seconda età. Al superamento di queste percentuali si rende necessario un trattamento chimico, naturalmente rispettando i tempi di carenza del prodotto utilizzato.
Gli insetticidi utilizzabili in questo metodo di lotta devono presentare in particolare una buona citotropicità ed un’alta idrosolubilità in modo da poter penetrare nel frutto e raggiungere il bersaglio limitando i rischi di contaminazione dell’olio. Il principio attivo più utilizzato, soprattutto per la sua elevata idrosolubilità, è ancora oggi il dimetoato.
Difesa biologica: si attua con il lancio di un numero molto elevato di individui di Opius concolor; si dice di tipo inoculativo se i lanci sono finalizzati all’acclimatazione della specie, o inondativi se, con lanci di popolazioni molto più consistenti ripetuti nel periodo estivo-autunnale, si tenta di ridurre la popolazione di mosca presente. La limitata efficacia mostrata da questa tecnica nei confronti delle popolazioni daciche e gli aspetti economici particolarmente onerosi per il raggiungimento di un rapporto ospite-parassita ottimale limitano notevolmente le possibilità di sviluppo di questo metodo di difesa.
Difesa biotecnologica: si attua attraverso i metodi di cattura massale degli adulti di Bactrocera oleae mediante l’impiego di trappole innescate con attrattivi di vario tipo, cromotropiche gialle, proteine idrolizzate, sali di ammonio, ferormoni oppure con la combinazione di due o più attrattivi diversi. Oltre a questo metodo è possibile adottare sistemi di attract and kill che si basano sull’uso di appositi dispositivi contenti attrattivi ammoniacali ed impregnati con insetticidi ad elevato potere abbattente. Questa tecnica, che prevede l’applicazione di una trappola per ciascuna pianta dell’appezzamento, ha fornito risultati soddisfacenti soprattutto dove è stata realizzata su vaste superfici. Purtroppo anche questo metodo per i suoi costi elevati non risulta competitivo con quelli chimici, la sua effettiva applicazione potrà essere destinata soprattutto ad aziende orientate ad una produzione biologica.
Difesa con metodi colturali: nella protezione antidacica gli agricoltori toscani utilizzano tradizionalmente formulati a base di rame (solfato di rame, poltiglia bordolese). Studi recenti hanno evidenziato che i formulati a base di rame esercitano la loro efficacia sia sulla flora batterica presente a livello della chioma, sia su quella che vive in simbiosi con le larve di mosca provocando la morte di una certa percentuale di quelle di prima e seconda età. Oltre a questa caratteristica i sali di rame presentano un’azione collaterale repellente ed un’azione indurente dei tessuti esterni delle drupe che inducono le femmine a scegliere olive non trattate per ovideporre. Le annate e le zone caratterizzate da infestazioni medio-basse sono quelle in cui la difesa con questi formulati presenta maggiore efficacia. Fra le sostanze ammesse del Reg. CE 2092/91 non sono presenti insetticidi endoterapici pertanto la loro efficacia può essere solo adulticida se usati in miscela con esche attrattive. Nei casi in cui l’attacco dacico si presenta tardivamente, se le condizioni di maturazione delle drupe lo permettono, le conseguenze negative causate dall’infestazione possono essere limitate anticipando la raccolta e avviando tempestivamente le olive raccolte al frantoio per non favorire l’inizio dei processi di ossidazione delle sostanze grasse. Questa semplice pratica agronomica permette di ottenere la massima qualità dell’olio evitando un intervento chimico nel momento in cui sarebbe problematico rispettare i tempi di carenza dei principi attivi utilizzabili.