Vaiolatura delle drupacee

SchedaSintomi
Identificazione.
Sharka o virus della vaiolatura delle drupacee è causata dal Plum pox virus (PPV), appartenente al gruppo di virus dei vegetali più numeroso e di maggiore importanza economica.

Del PPV sono stati ad ora caratterizzati 6 ceppi di cui i 3 principali sono:
- il gruppo D (Dideron) che colpisce solitamente il susino e l’albicocco, diffuso dagli afidi;
- gruppo M (Marcus), diffuso da afidi che colpisce particolarmente il pesco e che è molto pericoloso per la rapidità con la quale si trasmette
- il gruppo Rec (Ricombinante) deriva dal processo di ricombinazione fra RNA genomico di un PPV-D ed un PPV-M.  Viene diffuso da afidi su pesco, susino e albicocco.
Ci sono infine tre gruppi minori i cui isolati poco frequenti o limitati geograficamente: il gruppo C che infetta il ciliegio, il gruppo EL ed il gruppo W.
 
Diffusione.
La prima segnalazione è avvenuta in Bulgaria nel 1917 su susino, da qui il nome Sharka che nella lingua bulgara significa vaiolo per i caratteristici sintomi della malattia che possono ricordare quella che colpisce l’uomo. La virosi si è poi rapidamente diffusa in tutti i paesi europei e del bacino Mediterraneo dove viene praticata la coltivazione delle drupacee, in India e, nel continente americano, in Cile, Stati Uniti e Canada.
In molte zone rappresenta ormai un insuperabile limite alla coltivazione di drupacee. La prima comparsa in Italia di Sharka risale 1973, nella provincia di Bolzano. Nel 1982 è stata identificata in Emilia Romagna, con attacchi su susino ed albicocco. In Veneto nel 1995 ha fatto la sua comparsa il nuovo isolato virale M, estremamente più virulento degli altri già presenti che colpisce anche il pesco. Questa forma è adesso particolarmente diffusa.
Attualmente ci sono focolai in molte regioni italiane, con predominanza di isolati del ceppo D che hanno minore tendenza a essere diffusi da afidi rispetto a quelli del ceppo M.
In Toscana non risulta ancora segnalata la presenza del virus Sharka.
 

Ospiti.
In natura PPV infetta numerose specie appartenenti al genere Prunus: albicocco, susino europeo e giapponese, pesco, nettarine, percoche, mirabolano; meno frequentemente mandorlo, ciliegio acido e dolce e P. mahaleb. Può colpire anche alcune piante erbacee annuali e perenni della flora spontanea dei frutteti di drupacee, fra le quali: Capsella bursa-pastoris, Cichorium sp., Cirsium arvense, Clematis sp., Convolvulus arvense, Lactuca serriola, Lamium album, Rumex crispus, Solanum nigrum, Taraxacum Officinale. Fra le specie ornamentali e spontanee di Prunus PPV è stato individuato in P. blireana (susino da fiore), P. brigantina (pruno del Delfi nato), P. glandulosa (mandorlo da fiore), P. persica f. atroporpurea, P. serotina (ciliegio nero) e nell’arbusto P. spinosa (prugnolo). Le piante erbacee spontanee ospiti di Sharka, a causa del loro limitato sviluppo fogliare rispetto alle drupacee adulte, non influenzano l’epidemiologia del virus dove PPV è presente. Nelle aree dove invece l’infezione è stata eradicata sono più pericolose perché potrebbero perpetuare il virus nell’ambiente.

 

Trasmissione della malattia.
La diffusione del virus avviene attraverso la moltiplicazione vegetativa e per mezzo degli afidi. Nel primo caso si tratta di diffusione di gemme, marze, astoni e portinnesti infetti.
Gli afidi trasmettono la virosi in modo "non persistente", cioè è sufficiente la puntura di assaggio da parte del vettore per trasmettere il virus da una pianta ammalata ad una sana. Il periodo di ritenzione dell’infettività nei vettori è relativamente breve e varia da alcuni minuti a qualche ora, viene comunque perduta con la muta. Un afide può infettare parecchie piante dopo una singola acquisizione. PPV è trasmesso da più di 20 specie afidiche tra cui, principalmente: Brachycaudus helychrisi, Myzus persicae e Phorodon humuli, Aphis gossypii e A. spiraecola.
Le piante di pesco sono molto più sensibili delle altre drupacee alla virosi, inoltre il pesco è visitato da un numero molto elevato di afidi nel corso dell’anno. Nel giro di 5-6 anni l’infezione di isolati PPV-M, partendo da poche piante infette, si può trasmettere a tutto il frutteto, se non si interviene con la distruzione delle piante malate. Meno rapida è la diffusione secondaria sia degli isolati di PPV-M sia di PPV-D negli impianti di susino e albicocco, nei quali occorre più tempo (anche a 14-16 anni) per la loro propagazione a tutti gli alberi dell’impianto.
L’introduzione del virus in una nuova area avviene tramite materiale vegetale infetto, mentre la sua diffusione in campo è dovuta essenzialmente agli afidi, di cui maggiormente responsabili sono quelli che si posano senza distinzione su numerose drupacee senza colonizzarle. Proprio per il tipo di trasmissione di PPV, i trattamenti contro gli afidi non sono indicati per diminuire la diffusione del virus in campo. Il picco dell’attività di volo degli afidi è nei mesi di aprile, maggio e giugno ed è  in questo periodo che si ha la maggiore diffusione dell’infezione.

 

Sintomi.  
Le fasi fenologiche più idonee per osservare i sintomi di Sharka sono: la fioritura, per le alterazioni fiorali indotte dal virus sulle varietà a fiore rosa; la piena vegetazione, per osservare eventuali sintomi fogliari (i quali tendono a ridursi con le alte temperature estive), e il periodo che va dall’invaiatura alla maturazione, quando più evidenti sono i sintomi sui frutti.
In genere ogni specie e cultivar reagisce all’infezione in modo diverso.
Inoltre, la gravità dei sintomi varia in relazione: al ceppo del virus, alle condizioni ambientali (temperatura), allo stadio vegetativo, all’età, allo stato nutrizionale di un albero e alla sua situazione sanitaria nei confronti di altri virus.
I sintomi sulle foglie sono abbastanza simili per pesco, albicocco e susino anche se sono poco specifici essendo somiglianti a quelli indotti da altri virus. Si manifestano con piccole aree clorotiche tondeggianti o anulari, meglio visibili in trasparenza lungo le nervature secondarie e terziarie. Spesso la foglia rimane piccola e distorta. Su pesco è possibile osservare linee clorotiche che ricordano il profilo di una fiamma.
Nel pesco si hanno sintomi su fiore nelle varietà a fiore rosaceo: striature rossastre sui petali con andamento sinuoso o parallelo alle nervature. Sulla corteccia dei rametti di un anno inoltre possono essere rilevate maculature anulari e macchie decolorate, dall’autunno fino alla primavera inoltrata.
I sintomi sui frutti sono generalmente più specifici. Su albicocco, i frutti divengono bitorzoluti per la presenza di depressioni molto marcate, la maturazione è irregolare. In corrispondenza delle parti infossate, il mesocarpo assume una colorazione bruno-rossastra, consistenza fibrosa, può presentare depositi di gomma ed è insipido. Il sintomo più tipico è a carico del nocciolo che presenta aree anulari giallastre a margini ben definiti. Nelle varietà più suscettibili si ha una marcata cascola prima della raccolta.
Su pesco i frutti presentano maculature anulari rossastre o clorotiche a contorni diffusi, lineature superficiali o anelli leggermente depressi di colore giallo chiaro. I frutti possono essere più piccoli del normale con la superficie bitorzoluta ed irregolare. Le alterazioni sono più accentuate sulle nettarine e si rilevano generalmente a partire da 4-5 settimane prima della maturazione di raccolta.
Su susino i frutti ancora verdi possono presentare lievi infossature o macule sottoepidermiche di colore verde oliva. All’invaiatura compaiono in superficie chiazze allungate e linee o anelli rosso scuro e depressioni più o meno pronunciate. I frutti cadono in gran parte prima della raccolta mentre quelli che giungono a maturazione sulla pianta sono scadenti.
I sintomi di Sharka interessano tipicamente pochi frutti e foglie di un ramo o di una branca, specialmente nei primi anni d’infezione di un albero, se è causata da afidi. Viceversa nelle piante ammalate da parecchi anni oppure ottenute da portinnesti o marze-gemme infetti i sintomi possono interessare un elevato numero di frutti e foglie, comunque raramente PPV diviene completamente sistemico in un albero.
Se si sospetta la presenza di infezioni di Sharka nel frutteto è obbligatorio avvertire il Servizio Fitosanitario Regionale.

 

Diagnosi.
Una volta osservato il sintomo, la diagnosi della malattia deve essere validata con accertamenti di laboratorio, in quanto esistono altri virus in grado di indurre sintomi simili a quelli di Sharka. L’affidabilità della diagnosi di laboratorio è legata al campionamento che deve essere condotto con attenzione data la irregolare distribuzione del virus nella pianta. Le tecniche di diagnosi attualmente utilizzate sono due: ELISA (metodo seriologico effettuato mediante rilevamento del
 rivestimento proteico del virus, con l’uso di anticorpi specifici, prodotti in animali di laboratorio) e PCR (metodo molecolare che rileva l’acido nucleico virale, dopo una estrazione dello stesso dalla matrice vegetale). In particolare la real time PCR può essere utilizzata per la diagnosi di un patogeno presente nei tessuti della pianta in concentrazione molto ridotta. Il periodo migliore per l’esecuzione dei saggi di laboratorio, soprattutto ELISA, è in primavera-estate.

 

Lotta.
Non esistono al momento possibilità di cura delle piante colpite da malattie di origine virale e, pertanto, le uniche vie di difesa sono di tipo preventivo.
La difesa preventiva consiste essenzialmente nell’uso di materiale vivaistico certificato esente dal virus, regola primaria per evitare la diffusione del virus a lunga distanza e la costituzione di nuovi focolai di infezione.
Dove la malattia è già presente occorre predisporre un monitoraggio scrupoloso in campo, per la tempestiva individuazione ed eradicazione dei focolai di infezione. Eventuali alberi infetti devono essere asportati ed anche i loro confinanti (probabilmente infetti ma ancora senza sintomi), in modo da ridurre le sorgenti d’inoculo per gli afidi vettori nell’ambiente e la diffusione secondaria del virus in campo. Tuttavia, a causa del non facile riconoscimento dei sintomi, in parecchie varietà individuare con precisione le piante ammalate risulta difficile.
Un’altra possibilità di lotta è offerta dall’impiego, dove disponibili, di varietà con caratteristiche di resistenza nei confronti del virus. Tuttavia nonostante la ricerca di fonti di resistenza a PPV in specie di Prunus sia oggetto di studio da molti anni, queste sono state individuate sono in un numero ristretto di genotipi in albicocco e susino mentre in pesco e nettarine non è emersa nessuna fonte di resistenza.
Il 9 ottobre 2009 è stato pubblicato il Decreto
del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali del 28 luglio 2009 (DM), concernente la “Lotta obbligatoria per il controllo del virus Plum pox virus (PPV), agente della «Vaiolatura delle drupacee» (Sharka)”. Il nuovo decreto abroga il precedente DM che era stato approvato (1996 e 1999) in un momento in cui la virosi aveva iniziato a manifestare tutta la sua pericolosità e virulenza.
Si è giunti all’approvazione di una nuova normativa perché in alcune aree del territorio nazionale il virus è considerato insediato e non più eradicabile, perciò occorre differenziare le misure da applicarsi nelle aree dove il virus compare per la prima volta o è presente ancora in forma sporadica da quelle aree invece dove il virus è insediato. Il nuovo DM prevede inoltre condizioni fitosanitarie più rigorose per la produzione di materiale vivaistico in modo da garantire la circolazione di materiale non contaminato dal virus.
Il decreto stabilisce che i Servizi Fitosanitari Regionali sulla base dei monitoraggio ufficiali condotti annualmente, definiscono lo stato fitosanitario del loro territorio, secondo gli standard FAO. Si individuano pertanto -zone indenni: dove il virus non è stato riscontrato o è stato eradicato; - area contaminata: campo di produzione o vivaio in cui è stata accertata la presenza di PPV, anche con analisi; - zona di insediamento: territorio dove la diffusone del PPV è tale da rendere non più possibile lʼeradicazione; - zona tampone: zona di almeno 1 Km tra zone con status fitosanitario diverso (indenne-contaminata, indenne-insediamento). Per ogni diversa zona il decreto prescrive specifiche misure in funzione del diverso status.
Sono previste misure particolarmente rigorose per lʼapprovvigionamento del materiale di moltiplicazione, che deve essere prodotto e certificato ai sensi del DM 20 novembre 2006 e cioè proveniente dal circuito della certificazione nazionale virus esente, anche i portinnesti devono essere certificati o ottenuti da seme.
È consentito utilizzare innesti non certificati a condizione che il materiale provenga da campi di piante madri ubicati in zone indenni e in cui le piante sono contrassegnate ed ispezionate visivamente e con analisi di laboratorio. Il vivaista ha la responsabilità di inviare al Servizio Fitosanitario Regionale i risultati delle analisi eseguite, prima di procedere la prelievo. Chi acquista materiali di moltiplicazione provenienti da altri Paesi, ha l’obbligo di informare il Servizio Fitosanitario di tutte le movimentazioni effettuate. L’autoproduzione può essere svolta solo con lʼutilizzo di materiale certificato o per la produzione di varietà locali.
Tutte le piante del genere Prunus devono essere munite di passaporto.

Last Update 18-01-2011
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